in un sol boccone
da uno specchio vorace
che prima inghiotte, poi frantuma,
ti sframmenti
in litri di pietruzze taglienti,
che tracanni a sorsi ansiosi.
Arde la gola, atrofizzata
dall'ammasso vetrigno,
dall'incolore grumo
che scende e si fa liquido.
Fluisce ora adagio
il tuo vivo Cocito,
come fosse in processione...
Finché dritto poi non sfocia
nel mar di Male.
É li che tu stai.
É li che tu stai.
Io vedo nei tuoi occhi
quel plumbeo specchio d'acqua
in cui disperso
stai affogando.
Implacabili onde gigie
riflesse in due oblò:
chissà il frastuono
che ti tocca sopportare…
Da qui non lo si può sentire,
ma io so
che assorda la tua mente
quella voce sghignazzante
che spietata ti urla in testa.
Lascia che si plachi la tempesta
che ti agghiaccia e ti paralizza.
Lascia sfogare il tuo dolore
e non dimenticare che il sole
non muore.