Ogni tanto faccio una lavatrice di ricordi.
Quando si ammassano, incrostati,
nel ripostoglio della mente, li raccolgo
e li metto a lavare in un vortice
di emozioni, paesaggi, volti, musiche, odori,
poi li stendo al sole ad asciugare.
Li riordino, in fila uno dopo l'altro,
sul filo della memoria. Divido i bianchi
dai neri, i blu dai rosa, i rossi dai gialli.
Candidi, oscuri, fiammanti o ingialliti
che siano, dopo un bel bagno di lacrime
tornano tutti a brillare. Molti stanno
appesi il tempo che serve, e solo allora
andranno riposti nei giusti cassetti.
Alcuni, troppo leggeri, volano via
alla prima folata di vento, nell'oblio.
Altri, pesanti e impregnati, faticano
ad asciugare e se ne stanno aggrappati
alla loro molletta per un bel po'.
Certi non trovano spazio nella sequenza
e rimangono a marcire nella cesta.
Andranno lavati di nuovo.
Ci sono quelli, infine, che restano
nascosti nel buio dello sgabuzzino.
Nonostante io ci provi sempre,
non si lasciano mai afferrare.
Sarebbe bello, un giorno,
scoprire di che colore sono.
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