Impossibile fermare le onde: infinitamente si dondolano sospirano viaggiano corrono urlano.
Impossibile vivere il momento, semplicemente perché il momento non esiste: ogni attimo include quello passato e quello che verrà appena dopo.
Come onde viviamo in un flusso continuo: si vive NEL moVImento.
Non siamo eterni, però siamo fatti di eternità.
La stessa eternità di cui sono fatte le parole, le immagini, la musica.
Impossibile vivere il momento, semplicemente perché il momento non esiste: ogni attimo include quello passato e quello che verrà appena dopo.
Come onde viviamo in un flusso continuo: si vive NEL moVImento.
Non siamo eterni, però siamo fatti di eternità.
La stessa eternità di cui sono fatte le parole, le immagini, la musica.
RITRATTO INTERNO DI UNA PECORA NERA
Fisso la scena: la macchina da presa dei miei occhi mi dà inquadrature panoramiche, ogni tanto indugia sui dettagli, ogni tanto si appanna, perché qualche lacrima non si trattiene, scivola e precipita giù.
Il mio umore cambia insieme al tempo, figuriamoci oggi, in questa giornata di cielo lunatico e imprevedibile: é il mese d'aprile, ma fuori un vento gelido, degno di un inverno nevoso, più che di una primavera ormai piena, avvolge gli alberi, portando via con sé qualche foglia morente insieme alla polvere delle strade.
Cammino ora lungo i viali, questi viali sempre uguali, e lunghi, e noiosi, e pieni di gente senza espressione e vuota di vita. E come ogni volta, conto i minuti che impiego a percorrerli, con la speranza utopica di metterci sempre meno tempo, come se la strada si possa accorciare, o le mie gambe si possano allungare.
Il cielo, di un azzurro slavato e stanco, si riempe a tratti di accozzaglie di nuvole spumose, bianche e gonfie, che sembrano fatte di panna montata. Come sarebbe bello poterle mangiare...
Si muovono e cambiano forma a una velocità incredibile, si direbbe che siano proprio impazienti di continuare la loro corsa senza meta e di lasciare il posto alle altre che già varcano l'orizzonte.
Il sole è timido, così timido che preferisce rifugiarsi dietro le nuvole, ed uscir fuori solo in qualche attimo di improvvisa euforia, per poi tornarsene al riparo dagli sguardi estranei di quei minuscoli esseri simili a insetti, incomprensibili e insensati, che da laggiù attendono sempre con ansia la sua uscita allo scoperto.
Viaggio in un alone senza spazio né tempo, in cui ogni individuo che mi passa accanto non è che un riflesso di me, ma al tempo stesso una rappresentazione della mia coscienza unica e sola: in altre parole, vivo in un conflitto perenne tra empatia ed apatia. L'empatia è lo sfondamento delle maschere che ognuno di noi indossa, la penetrazione nell'altro, l'oltrepassamento di quelle barriere create da nient'altro che la nostra mente. L'apatia è invece una brutta bestia: ci rende prigionieri di noi stessi, bloccati e intrappolati nel nostro corpo-trincea, incapaci di Vedere, Toccare, Sentire; è una tensione irriducibile tra volere e potere, pensare e fare, potenza e atto, mente e corpo, interno ed esterno. Come un coltello che trafigge la carne, così il mondo esterno a volte affonda con irruenza la sua lama nella nostra pelle.
Sartre ha scritto che l'inferno sono gli altri, e aveva ragione: è lo sguardo estraneo che uccide, quello sguardo che ci coglie di sorpresa, ci sconvolge, ci giudica ma raramente ci penetra, nonostante spesso ci annienti. Vorrei uno specchio per guardarmi in modo limpido e trasparente così come vedo e sento il mio corpo, e mostrare a tutti questo specchio con la mia immagine interiore... Uno specchio, per riprendermi la mia identità, invece degli sguardi estranei, che me la tolgono.
Esiste forse una realtà empatica tra le infinite realtà possibili, o è solo utopia? Una realtà dove l'altro non corrisponda all'estraneo, ma in cui l'alterità diventi lei stessa condizione di possibilità della nostra felicità? Vago ancora alla ricerca di questo Eden in terra, non mi accontento di soluzioni di ripiego, non voglio scegliere il male minore.
Perdendomi in tali fantasie, sono nel frattempo arrivata alla destinazione di questo tragitto, ovvero verso la fine di questa pagina, accorgendomi solo a questo punto che per la prima volta ho percorso i viali smettendo di contare i minuti che mi ci son voluti a farlo. Così mi rendo conto di come ogni pensiero sia analogo al passo di un piede, di quanto questa successione di lettere si trasformi in una passeggiata che tante volte ho fatto in vita mia, ma ogni volta in modo nuovo, e di quanto il tempo cronologico e misurabile sia solo una delle tante invenzioni umane per portare ordine e senso logico in questo nostro mondo imperscrutabile, che si fa beffe di quelli che già di per sé sono scherzi della natura, ovvero noi esseri umani.
In ogni caso, come sarebbe migliore l'esistenza senza orari stabiliti... Niente ritardi, niente anticipi...Niente lancette che mettono fretta al nostro agire... Niente tempo che scorre, ma solo il tempo che occorre.
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Non sai che piacere mi fa ritrovarti qua tra queste righe e non sai come le capisco.
RispondiEliminaSembra quasi tu abbia descritto tante delle mie giornate e avuto gli stessi pensieri lungo quella strada.
E mi accorgo solo ora che non hai neanche un commento a questo scritto.
E sono quasi tentato di cancellare tutto.
Perché a volte le cose più belle non hanno bisogno degli altri, non hanno bisogno proprio di niente. Lasciano, non a caso, senza parole. E brillano sole.
Ma stasera leggendo questa pagina, avevo troppo piacere di salutarti, perciò ti rovino l'opera e dato che questo blog è apparso davvero come una piacevole sorpresa, se non ti dispiace continuerò a leggerti.
Sapevo che eri in gamba, ma non pensavo scrivessi così bene.
Ciao Giuletta,
Un abbraccio
Grazie mille per il tuo pensiero! Purtroppo non riesco ancora a trovare il tempo e l'ispirazione per scrivere quanto vorrei, ma spero accadrà presto :)
RispondiEliminaNon sai che piacere fa a me leggere non solo questo commento, ma soprattutto ciò che scrivi.
Un abbraccio anche a te!